Dalla scoperta di come gestire il fuoco, al suo aspetto mitico e leggendario.
L’impiego in campo militare ed in stregoneria.
Il fuoco ha rivestito nell’evoluzione dell’uomo un ruolo che ne ha segnato la storia, in misura almeno pari, al muoversi in postura eretta, facoltà questa conquistata dai nostri antenati. La capacità di controllarlo prima e di riprodurlo poi, ha infatti reso possibili alcuni cambiamenti vitali nell’ uomo, nel suo approcciarsi con i propri simili e con l’ambiente che lo ospita. Entrando nel dettaglio proviamo (senza presunzione alcuna) ad analizzarli.
I cambiamenti in esame non sono necessariamente riportati in ordine cronologico o di importanza storica.
Con la padronanza del fuoco, l’uomo acquisisce potere,non è più, almeno in parte, totalmente vittima di ciò che accade in natura. Può affrontare il buio con accresciuta sicurezza, ora ha disponibile una fonte di calore e di luce trasportabile e costante. Può contrastare gli attacchi degli animali feroci, nella maggior parte dei casi spaventati dal fuoco e da chi ne ha il controllo. L’uomo assurge così al ruolo di modificatore in natura (anche se nel corso dei secoli questo si rivelerà deleterio) non più dunque solo ospite e fruitore, spesso e volentieri succube e vittima in balia dei suoi capricci. Da animale tra altri animali, l’uomo, con il controllo del fuoco, conquista una condizione di assoluto privilegio.
L’ esigenza specie nei primi tempi, di conservare la fiamma sempre e costantemente accesa, data dall’allora incapacità di accendere il fuoco, fu molto probabilmente il primo atto che introdusse nell’uomo la struttura sociale, le categorie sociali al tempo erano pressoché tre, i cacciatori, i raccoglitori, ed i custodi del focolare. Coloro che si occupavano del fuoco, vista le sua importanza, nel breve divennero figure sociali preminenti, questa rilevanza ebbe peso nei vari gruppi esistenti sia a livello “politico” che “religioso”. Politico in quanto, i controllori del fuoco, perché tali avevano il potere di garantire o meno la sopravvivenza consentendo o negando l’accesso al tepore ed alla sicurezza che la fiamma donava. Religiosa perché il fuoco fu sin dall’inizio considerato e ritenuto uno tra i più potenti, se non il più potente, spirito che si trova in natura, il custode di tale spirito dunque ne custodiva i segreti, la posizione gli garantiva un rapporto preferenziale con lo spirito, in un secondo momento questo rapporto fu ampliato anche al mondo divino e più ampiamente a tutto ciò che era soprannaturale. Tuttora il fuoco è collegato al soprannaturale ed al divino, non esiste rito senza fuoco.
La facoltà di cuocere il cibo permise ai nostri predecessori di poter conservare per periodi più lunghi ciò che catturavano con la caccia ed al contempo di avere a portata di mano alimenti più morbidi e masticabili nonché più sani in quanto disinfettati dalla cottura stessa. La masticabilità del cibo, se a prima vista sembra essere un fattore non così importante, riveste al contrario un peso considerevole, se si pensa che diventa inutile possedere una struttura mandibolare atta a sostenere una dentatura estremamente forte e resistente. Si è data la possibilità al nostro scheletro di modificarsi, permettendo un maggiore e diverso sviluppo del cranio, a tutto vantaggio della capacità di contenere massa cerebrale (si può sempre obbiettare che nei secoli l’uomo non ha mai, se non in rari, casi dimostrato di fare buon uso di questo aumento di massa cerebrale, ma questo è tutt’altro discorso…)
Immagine di uomo primitivo al fuoco (autore sconosciuto)
I cambiamenti citati, accaduti tutti in età preistorica, sono stati ampiamente ripresi ed ampliati nella narrazione di alcuni tra i maggiori racconti di miti e leggende, diffusi nell’antichità storica. Vedi ad esempio, il mito di Prometeo, il Titano che avrebbe sfidato gli Dei per far dono della fiamma agli uomini, la storia ha in sé, tra le altre prerogative, anche una particolare caratteristica rivoluzionaria. Tanto è che, proprio nell’ambito dei mutamenti sociali messi in evidenza nei punti precedenti, era inevitabile un accrescimento del potere in mano ai controllori del fuoco e la targetizzazione della divisione in classi di quella società tanto semplice.
Andando dietro al pensiero di Eschilo, nella sua opera Prometeo incatenato, dalla quale si desume in buona parte la descrizione legata alla lotta del nostro prode contro gli dei, Prometeo non appartiene né alla stirpe degli uomini ne a quella degli dei, tenutari dei segreti del fuoco i primi ed esclusi ovviamente i secondi, ma ad una stirpe terza, quella dei Titani disposti a combattere per il bene dell’umanità demolendo il monopolio degli dei in tal campo.
Anche la narrazione di come fu trafugato il fuoco da Prometeo, sempre seguendo il racconto di Eschilo, dalla forgia del dio Efesto lascia trapelare un vincolo di segreto attinente al fuoco e al suo mantenimento. La terrificante condanna inflitta al Titano per si tanto ardire, (Prometeo venne infatti incarcerato da Zeus, con catene forgiate dallo stesso Efesto, in una località segreta sui monti Caucasici, così che non potesse sottrarsi agli attacchi quotidiani di un’aquila che lentamente ed inesorabilmente gli avrebbe mangiato il fegato) ci mette nella condizione di poter capire quale importanza al tempo fosse data il mantenimento del segreto sul fuoco.
Come evidenziato già in precedenza, la rilevanza del fuoco in questa sfera non abbracciava solo il settore politico ma anche e con grande rilevanza,quello religioso. Molte religioni antiche ritenevano fosse un compito di massima importanza la conservazione di una fiamma costantemente accesa all’interno dei vari templi sparsi sul territorio, tant’e che, questo compito, veniva affidato unicamente a caste sacerdotali degne di grande fiducia. Anche l’impiego della cremazione rituale dei morti al posto della sepoltura vorrebbe trasmettere lo stesso concetto di purificazione, la reincarnazione spirituale e la purificazione dai peccati che dipingeva il rapporto primordiale dell’uomo col fuoco spirito della Natura.
È stimolante considerare come questa tradizione sia viva anche nella cultura amerinda precolombiana, abitualmente “originale” nei suoi rapporti col mondo del soprannaturale. Per ricordare un modello tra i tanti, Quetzalcotal uno degli dei fondanti per la popolazione Azteca, sicuramente il più importante, leggenda vuole che si sarebbe lasciato bruciare volontariamente su un rogo funerario, non prima di aver indossato un copricapo di piume di Quetzal, l’uccello da cui ha preso il nome, per purificare le proprie colpe dovute ad un rapporto incestuoso con la sorella.
La concezione della fiamma in quanto elemento di purificazione, trova nel Cristianesimo e nell’Ebraismo una sua particolare evoluzione. Non più scelta spontanea e volontaria di espiazione e pentimento, ma punizione divina inflitta ai peccatori per espiare.
Pira purificatrice
Nell’Antico Testamento si narra, Genesi, 19,23-26 di come il Signore fece piovere sopra Sodoma e Gomorra fuoco e zolfo. Annientò le due città assieme ai loro abitante distruggendo inoltre tutta la vallata. Non meno inquietanti a guisa di castigo sono le lingue di fuoco che ardono nell’inferno Cristiano e che sempre secondo l’antico testamento sono destinate ai dannati ed ai peccatori tutti.
Non dobbiamo però erroneamente pensare che il fuoco venga riportato nelle sacre scritture come il mezzo di punizione per eccellenza. Non da meno è l’acqua con l’episodio ampiamente raffigurato del diluvio universale ed i suoi devastanti effetti. Il diluvio universale è ripreso in forma pressoché uguale dalla mitologia babilonese.
Salendo più a nord, in terre decisamente più fredde delle nostre, scopriamo che anche lì, in terra vichinga e più in generale in tutta la mitologia nordica, il rapporto con il fuoco ha la sua importanza, alimentando poi l’immaginario fantasy collettivo. Andando dietro alla mitologia locale sulla creazione del mondo scopriamo che in origine (così vuole la leggenda) sarebbero state presenti due “terre” separate: Il Muspellein dove dimorerebbero i distruttori del mondo, luogo contraddistinto dalla presenza di fiamme e lava ed il Nifhleim dominato invece da neve e ghiaccio. Dove questi due mondi si toccano, sorta di terra di nessuno, sarebbe nata la vita così come la conosciamo noi.
In questo caso il fuoco gioca il duplice ruolo di benefattore, nella creazione della vita e di distruttore nel Ragnarok, ultimo giorno utile per gli uomini tutti e gli dei.
L’ambivalenza delle fiamme, positive e negative, non è evidente solo sotto l’aspetto mitologico e leggendario, ma anche nelle sue applicazioni militari.
Non mentiamo se decidiamo di affermare che l’uso del fuoco come arma di offesa è antico almeno quanto la sua scoperta. Utilizzato da subito per difendersi dagli animali selvatici si capì in breve anche il potenziale negli scontri tra umani. Di sicura efficacia, al tempo, quando ogni fabbricato nell’architettura del borgo era mediamente ligneo ha avuto gioco facile sino all’avvento delle costruzioni in pietra prima ed in cemento poi. Al contrario negli scontri militari in campo aperto il fuoco non ha mai rivestito un ruolo fondamentale, caso a se i Bizantini che per l’intero medioevo ne fecero un “must”delle loro battaglie navali e nelle controffensive durante gli assedi di Costantinopoli ad opera dei Turchi.
Gli storici ci hanno fatto sapere che già i Romani nel primo secoli avanti cristo furono respinti durante un combattimento dai Greci provenienti dall’Asia Minore grazie all’uso di una sostanza detta al tempo “olio della Media” questa, oggi viene comunemente chiamata petrolio greggio, incendiato e lanciato con dardi sul nemico assalitore.
Il greggio e i suoi derivati (dell’epoca) semplici oli raffinati presentavano due fondamentali vantaggi. Il primo di non poco conto consta nel fatto che in svariate località delle zone mediorientali esistono o esistevano affioramenti di petrolio in superfice, fatto questo che rendeva l’utilizzo e la raccolta della materia prima semplicissimo.
Secondariamente, ma non meno importante, dal punto di vista militare, il fatto che questi prodotti hanno l’innegabile pregio di galleggiare sull’acqua, questi una volta sparsi ed incendiati creavano sugli invasori un effetto panico, perlomeno su quelli non a conoscenza dell’esistenza di tale arma.
Fiamme galleggianti
Grandi profittatori dell’ignoranza altrui furono i Bizantini, che sfruttando un’arma da loro denominata per molti secoli il “fuoco greco”, seppero impiegarla con estremo successo nelle loro resistenze contro i vari invasori, il segreto fu così ben tenuto che anche gli studiosi moderni hanno non poche difficoltà a determinarne le componenti. Certo è che il fuoco greco bruciava sull’acqua, possiamo dedurne che una componente importante fosse il petrolio greggio, seguendo una ricetta trasmessaci da Giulio Africano a partire dal 300 dopo Cristo possiamo ragionevolmente pensare che, al greggio venissero aggiunti pirite, zolfo e salnitro. La ricetta è piuttosto chiara, meno il metodo di utilizzo di tale arma estremamente efficace nei combattimenti in mare e durante gli assedi alle città nemiche. Leggendo gli scritti dell’imperatore Leone VI il fuoco greco, veniva lanciato a mezzo di tubi di rame contro il nemico. Il lancio era preceduto, sembra, da un’esplosione che serviva ad incendiare il fuoco greco. Una sorta di primitivo lanciafiamme.
I tubi di rame che costituivano il fuoco greco venivano sovente mimetizzati all’interno di statue raffiguranti mostri mitologici o draghi, possiamo immaginare il terrore che suscitavano nei soldati nemici specie se questi non vi si erano mai incontrati. Una sorta di grande magia segreta che capace di bruciare sull’acqua veniva catapultata da draghi e mostri. Il tutto era più che sufficiente per sconvolgere le schiere e le menti di quei miseri eserciti costituiti per lo più da poveri contadini.
Anche il fuoco stesso, lanciato tramite catapulte, veniva sovente utilizzato sia per attacco sia per difesa.
Catapulta lignea
Anche chi si doveva difendere trovava nel fuoco un alleato potente, le torri d’assedio nemiche completamente in legno erano estremamente vulnerabili.
Da qualunque parte venisse impiegato, il fuoco era un’arma a doppio taglio, il vento era il nemico in assoluto più pericoloso, un suo improvviso cambiamento di direzione decideva le sorti della battaglia, propendendo per la distruzione della città assediata o dell’accampamento d’assedio.
Chi subiva la malasorte, anche all’epoca, come ora, era solito collegare la disfatta al cambiamento del volere degli dei, in epoca cristiana si riteneva fosse responsabilità della poca fede degli abitanti o degli assalitori..
Scritto da: Manlio Marta